Tutte le società calcistiche, chi più chi meno, vogliono lo stadio di proprietà. In Italia infatti, a differenza di molte altre nazioni, Inghilterra in primis, gli impianti sportivi che ospitano le squadre sono, ancora oggi, di proprietà comunale e vengono “affittati” dai club. Solo con l’inizio del XXI secolo anche in Italia alcune società hanno cominciato a costruirsi il proprio stadio fra le resistenze di molte amministrazioni locali spaventate dalla possibilità di perdere affitti milionari (Milan e Inter versano oltre 5 milioni di euro a testa). Ora c’è l’ok anche per in nuovo stadio di San Siro. Ma perché i club vogliono uno stadio di proprietà?
Il primo stadio di proprietà di un grande club in Italia è stato realizzato dalla Juventus. Inaugurato nel 2011, l’Allianz Stadium, forse non a caso ha rappresentato una sorta di “rampa di lancio” per scavare un netto solco (ridotto solo nelle ultime stagioni) fra il club bianconero e le storiche rivali milanesi in termini di vittorie (9 scudetti consecutivi e 2 finali di Champions) con ricavi e investimenti che le altre squadre (alle prese con problemi di bilancio e fairplay finanziario della Uefa da rispettare) non hanno potuto nemmeno lontanamente eguagliare (almeno fino al 2019 con l’avvento di nuove proprietà straniere per Milan e Inter) sino ad arrivare all’acquisto di uno dei giocatori più forti e più costosi (andatosene quest’anno) nel 2018: Cristiano Ronaldo (un’operazione il cui costo complessivo è stato stimato in 350 milioni in 3 anni per le casse della Juve).
Innanzitutto occorre dire che lo stadio di proprietà non rappresenta solo “un affare” dal punto di vista sportivo ma è spesso legato a operazioni edilizie (appartamenti, negozi e centri commerciali) che vengono realizzati nelle adiacenze degli impianti se non addirittura all’interno dello stadio stesso.
Interessi che vanno oltre a quelli dei club ma che portano molti operatori economici a sostenere tali progetti. Ecco l’operazione immobiliare intorno al nuovo San Siro che prevede appartamenti e centri commerciali: un affare immobiliare stimato intorno ai 2 miliardi di euro.
Ma per capire quanto può “direttamente” fruttare uno stadio di proprietà proviamo a comparare i dati dei ricavi da stadio iscritti nei bilanci di Juventus, Milan e Inter. Prendiamo i dati fino al 2019 (pre Covid) perché quelli delle due annate successive sono stati pesantemente inficiati dalla pandemia (lockdown, partite a porte chiuse o con capienze ridotte). Fra abbonamenti, biglietteria e servizi aggiuntivi (affitti delle sale per eventi, convegni e visite al museo) sono passati da quasi 38 milioni nel 2013 a poco meno di 49,5 milioni nel 2018. Per dare un’idea nel 2018 l’Inter arrivava e 31,5 milioni e il Milan a poco più di 35 milioni. In 5 anni la media della Juve è stata di 43 milioni contro i circa 19 di Milan e Inter. Una differenza, a spanne, di 25 milioni all’anno nelle 5 stagioni che vanno dal 2013 al 2018. Senza contare l’affitto che poi Milan e Inter hanno dovuto versare nelle casse del Comune pet l’affitto (una media di 3,9 milioni ogni anno per 5 anni per l’Inter e una di 3,3 milioni per il Milan).
Cifre non da poco se si considera poi che con maggiori risorse si possono, non sempre ma ragionevolmente, puntare a risultati sportivi migliori che ingenerano un volano: marketing, sponsor, incassi da competizioni: partecipare o non partecipare alla Champions fa una differenza enorme sugli incassi dalla Uefa, diritti tv e altre voci (una singola vittoria in Champions porta nelle casse del club 2,8 milioni). Disputare più partite di alto livello con avversari blasonati (Psg, Manchester City o Real Madrid) permette poi di incrementare anche gli incassi da botteghino con (e qui non mancano le critiche) prezzi molto più alti per i tagliandi delle partite di cartello.
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