I finanziamenti soci sotto la lente dell’art. 2467 c.c.
L’art. 2467 c.c. dispone che il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori, chiarendo che “s’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento .”
La norma in esame detta una regola di interpretazione, per cui sono finanziamenti le erogazioni effettuate dal socio in un momento di squilibrio patrimoniale della società, e una regola di giudizio, per cui i soci finanziatori sono postergati ai creditori estranei alla società nella restituzione di quanto erogato, ma non include alcun riferimento a una forma legale imposta per detti finanziamenti.
Per valutare la natura di una erogazione di denaro dal socio alla società e stabilire se sia qualificabile come finanziamento o meno si deve, quindi, fare riferimento ai criteri generali valevoli per il diritto societario. In linea generale si considera finanziamento ogni atto che comporti un’attribuzione patrimoniale accompagnata dall’obbligo della sua futura restituzione senza che rilevino la misura della partecipazione sociale e l’eventuale proposizione di azioni giudiziarie volte a recuperare il credito. In caso di incertezza, è determinante l’esame di come l’operazione sia stata contabilizzata nel bilancio d’esercizio , “che costituisce il documento contabile fondamentale nel quale la società dà conto dell’attività svolta e che rende detta operazione opponibile ai terzi, compreso l’Erario, essendo invece irrilevante la modalità di conferimento prescelta all’interno dell’ente” (Cass. civ., n. 24746/2020 in Giur. It., 2021, 8-9, 1886, nota di FRASSY), stante il rilievo anche pubblicistico che quest’ultimo assume con la pubblicazione nel registro delle imprese.
Le condizioni che fanno scattare la postergazione
La “ratio legis” dell’art. 2467 c.c. consiste nell’intento di contrastare la non infrequente sottocapitalizzazione, fenomeno determinato dalla convenienza dei soci a ridurre l’esposizione al rischio d’impresa, apportando nuove risorse a disposizione della società nella forma del finanziamento, anziché in quella appropriata del conferimento. In questo modo il rischio da continuazione dell’attività in una situazione di crisi di fatto viene traslato sui creditori e sui terzi, con eventuale profitto dei soci ed aggravamento del dissesto a scapito dei creditori (in tal senso Tribunale Ancona, Sez. spec. in materia di imprese, Sentenza, 31/08/2021, n. 1036).
La ricostruzione delle esigenze di tutela sottese alla norma in esame aiuta a comprendere perché non tutti i finanziamenti soci sono soggetti alla postergazione ma solo quelli che sono stati effettuati o i) in un momento di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure ii) in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.
Si tratta di condizioni tra loro alternative ed è pertanto sufficiente che ricorra una sola delle stesse perché sia applicabile lo strumento rimediale della postergazione nel rimborso del finanziamento soci.
La valutazione della sussistenza delle condizioni sopra ricordate va riferita temporalmente in primis al momento dell’erogazione del finanziamento da parte del socio, con la precisazione che “la qualificazione giuridica del finanziamento come anomalo non è influenzata, né rimossa da fatti successivi (quindi anche da versamenti in conto capitale), poiché l’azione postuma non rimuove il rilievo quantitativo e qualitativo del pregresso” (Cass. civ., n. 17421/2020 in Fallimento, 2021, 2, 184, nota di FINARDI). Viceversa, è stato dato rilievo anche al momento del rimborso qualora la situazione della società a tale data sia di squilibrio o di inadeguatezza patrimoniale (si veda, tra le altre, Corte d’Appello Brescia n.1372/2022 in Società, 2023, 8-9, 1023).
Il ricorrere di una delle condizioni in esame costituisce fatto impeditivo del diritto del socio alla restituzione del finanziamento concesso alla società, che, in sede giudiziale, è rilevabile dal giudice d’ufficio se oggetto di un’eccezione in senso lato, sempre che la situazione predetta risulti provata ex actis, secondo quanto dedotto e prodotto in giudizio (Cass. civ. n. 12994/2019 in Foro It., 2019).
Più precisamente, come indicato dalla giurisprudenza, “La postergazione derivante dall’anomalia del finanziamento nella situazione di crisi si traduce, anche nel corso della vita della società, in una causa di inesigibilità del credito sino all’avvenuto soddisfacimento di tutti gli altri creditori, ma il socio può pretendere il rimborso anche prima se la società abbia superato la situazione di crisi” (Tribunale Milano, Sez. spec. in materia di imprese, n. 8577/2020 in Giur. It., 2021, 6, 1400, nota di CAGNASSO)
Aumento di capitale versato compensando il credito da rimborso finanziamento soci postergato
La dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate sull’operatività della postergazione nell’ambito degli aumenti di capitale ed in particolare sulla possibilità o meno – e nel caso, a quali condizioni – per il socio di compensare il proprio credito da rimborso di finanziamento postergato con il debito verso la società per la sottoscrizione dell’aumento di capitale e relativo versamento.
Non sono mancate pronunce che hanno escluso categoricamente tale possibilità ritenendo che “la compensazione del debito da conferimento con il credito del socio da finanziamento postergato ex lege, costituisce una forma di “restituzione” del prestito contraria alla norma di cui all’art. 2467 c.c.” (Trib. Roma 2017) e pertanto inammissibile.
L’orientamento ad oggi prevalente, invece, ammette tale possibilità. La Cassazione, muovendo dalla ratio legis sopra illustrata, ha infatti statuito che: “Le disposizioni dell’art. 2467 c.c. non operano in caso di aumento di capitale sociale liberato dal socio mediante compensazione con propri precedenti crediti vantati nei confronti della società”, osservando che nel contesto di un aumento di capitale l’apporto del socio ha luogo “attraverso sottoscrizione di capitale di rischio, sicché il problema della postergazione non si pone affatto” (Cass. civ. n. 3946/2018 in Giur. It., 2018, 8-9, 1916, nota di GARESIO).
Nella stessa direzione vanno le massime notarili elaborate dalle competenti commissioni, seppure con alcune differenze circa le condizioni e le modalità di tale compensazione.
In particolare, il Notariato di Milano e del Triveneto, riconosciuta la possibilità di operare la compensazione in esame, distingue tra finanziamenti postergati o meno. Nel secondo caso, la compensazione sarebbe automatica e di legge, essendo il credito da rimborso certo, liquido ed esigibile tanto quanto il debito da versamento del capitale conseguente all’aumento. Nel primo caso, invece, essendo il credito da rimborso del finanziamento soci postergato non esigibile, si rientrerebbe nell’ipotesi di compensazione volontaria ed è quindi necessaria autorizzazione della società . Autorizzazione che, in concreto, potrebbe non essere agevole ottenere in caso di dissidio tra soci e/o tra soci e l’organo amministrativo che spesso si verificano quando la società non naviga in buone acque.
Altre commissioni hanno assunto posizioni più aperte e agevolanti il socio, come quella del Notariato di Firenze, secondo cui “È sempre possibile liberare l’aumento di capitale sottoscritto mediante compensazione con un credito del socio da finanziamento, anche nel caso in cui il termine per il rimborso non sia ancora scaduto. Non osta a tale operazione neppure il fatto che ricorrano le condizioni per la postergazione dei crediti dei soci stabilite dall’art. 2467 c.c., posto che la conversione del credito da finanziamento in capitale di rischio concorre alla protezione degli interessi dei creditori terzi tutelati da tale disposizione. L’assemblea non deve obbligatoriamente deliberare sulla compensabilità del debito da sottoscrizione, se non per escluderla richiedendo la liberazione dell’aumento mediante versamento in denaro”.
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*A cura dell’Avv. Chiara Mantelli, Lègister Avvocati
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