di Giancarlo Tommasone
Il rapporto tra l’imprenditore edile Alfonso Iovine e il giudice Alberto Capuano (entrambi coinvolti nell’«Operazione San Gennaro», il primo indagato, il secondo finito in carcere), si basa, secondo gli inquirenti, su «un flusso di reciproco scambio tra favori ed utilità economiche». Detto scambio, sostiene il pm Gennaro Varone, nella richiesta per l’applicazione di misure cautelari, «rientra nella fattispecie del traffico illecito di influenze, quando Capuano si avvale del suo ruolo, del suo prestigio, del suo credito personale, per spuntare favori allo Iovine» e «nella corruzione, quando Capuano spende la sua qualità ed il suo ruolo all’interno dell’amministrazione giudiziaria cui appartiene; ovvero, promette di farlo, in cambio di utilità».
A questo punto c’è da fare una premessa: Iovine, come si evince da una serie di intercettazioni telefoniche, è impegnato con la sua impresa, ad eseguire lavori di ristrutturazione presso il centro Aestetica, intestato alla moglie del giudice.
Dall’inchiesta emerge che «Capuano è variamente intervenuto con la sua influenza, presso più uffici pubblici, per risolvere criticità allo Iovine». Il pubblico ministero annota due episodi. Il primo è relativo all’azione di Capuano presso pubblici ufficiali dell’Inps, «che ha negato a Iovine un Durc (Documento unico di regolarità contributiva) positivo, provocandogli un dannoso fermo dei lavori».
Il giudice «agisce per sbloccare la situazione,
con successo». Che l’intervento promesso da Capuano
sia stato risolutivo, è provato da una conversazione intercettata il 14 febbraio scorso.
«Ce l’abbiamo fatta», esulta Iovine al telefono. Capuano si complimenta soddisfatto: «Ahhahah, bravissimi». E Iovine spiega, come abbia appreso la notizia dello «sblocco» della situazione: «Mò ho visto col computer di un amico, mamma mia, mamma mia, grazie Albert (letterale nella trascrizione)».
Il secondo caso oggetto di approfondimento, è invece, ciò che riguarda l’acquisto immobiliare a Ischia, da parte di Iovine e di un’altra persona (che non risulta tra gli indagati). I due, argomenta il pm, chiedono e ottengono l’intercessione di Capuano (che, non dimentichiamo, è in servizio proprio presso il Tribunale dell’isola verde), affinché un ingegnere «dell’Ufficio tecnico si metta a loro disposizione, per eliminare un ostacolo burocratico al buon fine dell’affare».
La circostanza, annota il pubblico ministero Gennaro Varone, è documentata da una serie di comunicazioni telefoniche, che starebbero a provare come «Capuano, sollecitato da Iovine, si sia risolto a perorare la causa presso un ingegnere dell’Ufficio tecnico del Comune di Ischia».
Per evadere la pratica che interessa Iovine, un altro ingegnere dovrà recarsi dal suo collega dell’Utc isolano.
L’intervento del giudice per «risolvere la problematica» è confermata tanto da Capuano, quanto dal pubblico ufficiale avvicinato. L’ingegnere che deve passare al Comune, parlando con Iovine (l’undici aprile del 2019), dice: «Senti, ma io ad Alberto non l’ho sentito, non so se ha fatto quel passaggio». Al che Iovine, risponde: «Lui ha detto che lo faceva quel passaggio».
E poi, nel corso della conversazione, l’imprenditore edile, ribadisce: «E’ confermato che si sono visti, io comunque lo chiamo (chiamo Alberto Capuano) per conferma e ti mando un ok». Capuano, «notiziato» circa la cosa, si inalbera, «perché, lui, il suo compito, lo ha svolto e l’ingegnere avrebbe dovuto limitarsi a recarsi a Ischia», annota il pm. «L’ingegnere è un coglione – dice al telefono Capuano, quello stesso 11 aprile – perché quando ci vedemmo al bar, gli dicemmo di andare direttamente dove doveva andare, capito? Poi gli ho detto ad Alfonso (Iovine, ndr) di dirglielo».
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