America batte Italia. O meglio, New York compra Milano. Rialto Holdco, che fa capo al gruppo statunitense Blackstone, ha ufficialmente acquistato tutti gli immobili di Reale compagnia italiana, la storica società milanese fondata nel lontano 1826 che riunisce oltre trecento famiglie dell’aristocrazia meneghina e lombarda. La vendita immobiliare da quasi 1,3 miliardi di euro ha visto quindi passare nelle tasche dei compratori alcuni dei più importanti palazzi storici della città, segnando per le vie del lusso all’ombra della Madonnina un cambio di paradigma: Milano sta sfuggendo dalle mani dei milanesi?
La cessione al fondo di private equity a stelle strisce, che ha visto protagonisti 14 “trophy asset”, di cui uno anche a Torino – la Galleria Subalpina -, ha interessato “l’intero isolato di Via Montenapolone 8, quello di Cova e di Prada, i palazzi tra Via Manzoni e Via Andegari e, fuori dal Quadrilatero, il palazzo liberty che ospita lo storico Bar Magenta tra Cadorna e Sant’Ambrogio, alcuni immobili di Via Vincenzo Monti e l’albergo ME Milan Il Duca in Piazza Repubblica”, come riporta il Nss Magazine. A essere coinvolti, quindi, i 331 soci di quella che viene (veniva?) considerato il caveau immobiliare dell’aristocrazia lombarda: tra loro, Gian Giacomo Medici di Marignano, Stefano Premoli Trovati, Luca Padulli di Vighignolo. E poi altre famiglie nobili lombarde come i Brambilla di Civesio, i Barbiano di Belgioioso, i Cavagna di Gualdana, De Capitani D’Arzago, Melzi d’Eril, Borromeo, Sioli Legnani e i Davico di Quittengo. Zoccolo duro della old money milanese, si tramandavano queste proprietà solo passando per eredi e successori, “svolgendo il ruolo di cassaforte azionaria e immobiliare per la ricchezza dell’antica aristocrazia della città che, oggi come agli inizi del secolo, si riuniva proprio da Cova e frequentava i salotti di Montenapoleone”.
L’affare Blackstone-Reale, definito l’operazione immobiliare dell’anno, si è concluso in velocità, sul filo del tempo, per evitare al portafoglio uscente di pagare imposte maggiorate sulla rivalutazione delle azioni, e del business: fino a due anni fa, infatti, i vari immobili che sono stati ora venduti erano valutati per circa 80 milioni di euro. La valutazione salita a 1,2 miliardi stimata nel 2020 si sarebbe però tradotta per i proprietari italiani nel pagamento di 140 milioni di imposte presi a prestito dalle banche. La vendita del mattone della nobiltà ha quindi permesso di rivalutare le azioni della società a 152 mila euro l’una pagando solo l’11% di imposte, invece che il 26% sulla plusvalenza. Agli americani, adesso, il compito di accrescere il valore dei palazzi.
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